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I bambini del Llullaillaco

2/4/2021

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Cuzco, la città sacra è a ormai molti giorni di cammino dietro le spalle.
La stanchezza si sente anche se ormai da anni i tre bambini mangiano meglio e di più di tutti gli altri.
Ma ora il momento è vicino, probabilmente a rendersene conto è solo la più grande. Ha 14 anni, più o meno. I capelli nerissimi della sua gente, la pelle scura, il profilo inconfondibile, una guancia gonfia dal bolo di foglie di coca che aiuta a sopportare l’altitudine. Sono a quasi 6000 metri ora, la testa gira, fa freddo. 
Dai costoni impervi del Llullallaco, il cielo sembra un enorme occhio dal quale tutti i loro nobili antenati li guardano. Tutta la pachamama sembra abbracciarli e parlare.
Il rito della Capacocha è prossimo, forse quella sera stessa.
Con la coda dell’occhio la ragazzina ha visto strani movimenti, preparazioni di tisane.
Le conosce, le conoscono tutti, sono mesi che pian piano, sempre di più, hanno iniziato a bere quell’acqua bollente che unisce il mondo dei morti con quello dei vivi.
La Chicha ti porta a metà di un ponte che non sai più a quale regno appartieni.
 
Sono passati circa 500 anni ora, a 6700 metri, sul vulcano della Cordigliera c’è Johan Reinhard, un esploratore ed antropologo statunitense che con il suo staff del National Geographic sta cercando tracce di tombe sacre degli Inca.
Una tempesta di neve sembrava compromettere la spedizione ma poi il tempo si calma e a soli 26 metri dalla cima, sembrano esserci tumuli di pietre disposte in maniera interessante.
L’equipe del professor Reinhard riesce e penetrare la crosta ghiacciata della montagna e, pian piano, emergono statuine, oggetti rituali, monili…e alla fine Los niños del Lullallaco.
Il freddo e l’aria rarefatta, li hanno conservati perfettamente.
La pelle, i capelli, gli abiti…gli uomini di Reinhard prendono in braccio 3 bambini Inca che hanno attarversato il tempo e ora sono qui. 
La donzella di 14 anni e il suo viso sereno, addormentato.
La niña del Rayo, più o meno di 7 anni, colpita di striscio da un fulmine, chissà quando, nel corso dei secoli.
E il niño, ancora più piccolo, avvolto nel poncho ruvido e colorato, con i capelli spettinati raccolti in una corda che ancora sostiene piume bianche.
 
Arrivano da lontanissimo, fra il 1480 e il 1530, si pensa.
Gli spagnoli avevano appena iniziato ad insidiare le loro terre ma quei bambini non hanno mai visto le loro armature scintillanti.
Sono rimasti ad aspettare per 500 anni ed ora muti raccontano a chi vuole ascoltare il mondo perduto dell’Impero del Sole. 

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