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Il vecchio e il mare

3/24/2021

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Il vecchio pensava sempre al mare come “a la mar”, come la chiamano in spagnolo quando lo amano, a volte coloro che lo amano ne parlano male ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni, fra i pescatori più giovani, ne parlavano come di “el mar”, al maschile, ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico ma il vecchio Santiago lo pensava sempre al femminile. Lo stesso vecchio che quando dormiva sognava i leoni che aveva visto in Africa.
Ora però c’era poco spazio per i sogni, erano 84 giorni che non prendeva un pesce, gli altri pescatori lo guardavano con tristezza come se avessero davanti agli occhi la miseria del loro futuro e Manolin, il ragazzo a cui aveva insegnato a pescare, non poteva più andare con lui perché i suoi genitori lo avevano obbligato a cambiare barca.
“Il vecchio è salao”, irrimediabilmente sfortunato, “cambia barca”.
“ma domani c’è una bella corrente”, dice il vecchio, “una bella corrente”.
E infatti il giorno dopo il pesce abbocca ed è insieme una fortuna ed una sfortuna.
Il vecchio sente la lenza tirare, le da uno strattone, sente che il pesce non cede, se la appoggia alla spalla e fa forza con i piedi ma il pesce è enorme e inizia a trascinare la barca al largo.
“Sono ancora forte”, dice il vecchio, “È lui che ha l’amo in bocca, posso resistere. Che pesce però, ha il mio rispetto! Mi spiace doverti uccidere, sei mio fratello ma così va il mondo”.
Il pesce continua a portare la barchetta al largo, non muore e non molla.
“Se solo lo potessi vedere” pensa il vecchio, “capirei contro chi devo combattere”, perché è anche questa la storia, una storia dove la pesca non c’entra, c’entra invece la lotta contro un dolore sottile che non vedi e che ti porta via.
“Se almeno con me ci fosse il ragazzo”, dice ad alta voce il vecchio, parla da solo per non sentirsi solo del tutto, in mezzo al mare.
“Devo fargli sentire la mia forza! Come quella volta che feci a braccio di ferro con quel moro a Casablanca, rimanemmo una notte a fissarci”.
E anche contro questo pesce passano le notti e la barchetta è sempre più al largo e già da un pezzo non si vedono più le luci dell’Havana.
Il pesce ed il vecchio dormono insieme, sono entrambi feriti e stanchi. Ora sì che sono davvero fratelli.
L’ultima alba il pesce fa un enorme salto in superficie, si dibatte, disegna intorno alla barca una mezzaluna di schiuma e sangue finché non muore.
“Il ragazzo sarebbe orgoglioso di me”, pensa il vecchio Santiago, “Sarebbe orgoglioso di me, sono vecchio e stanco ma ce l’ho fatta”.
Ma ora la strada per tornare alla spiaggia è lunga, il pesce è più grande della barca e non si può issare a bordo, trascinandolo perde una scia di sangue che li squali sentono.
Il vecchio cerca di tenerli lontani con l’arpione, con i remi, con un pezzo di legno alla sommità del quale fissa un coltello ma loro tornano e tornano ancora e ancora e mangiano il pesce, pezzo dopo pezzo.
“Non sarei dovuto andare così lontano, pesce, mi dispiace amico.”
C’è tutto il porto attorno alla barca di Santiago e alla carcassa del suo pesce. Il vecchio è con Manolin che gli dà da bere.
“Non hai perso, vecchio, hai combattuto e ora torno a pescare con te. Ho molto da imparare e tu puoi insegnarmi tutto.
Ma il vecchio non ascolta più perché si è addormentato e sogna i leoni.
Ancora voglia di "avventura"? Prova a LEGGERE/ASCOLTARE questa storia!

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