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L'ascesa del signor Ponzi

9/16/2021

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Carlo è un uomo sempre allegro. Come va? Tutto bene. Va sempre tutto bene per Carlo.
Fin da ragazzino eh, sempre quel carattere gioviale, da bambino a Lugo di Romagna, e poi a Parma dove si traferisce con la famiglia e ancora a Roma dove cerca fortuna.
La testa sempre piena di progetti. Non tutti vanno a buon fine, anzi, quasi nessuno, tanto che la madre e lo zio spesso devono ripianare i conti ma lui non perde l’entusiasmo. Mai.
I soldi sì, ne perde parecchi. Infatti pensa che sia meglio levare l’ancora e lo fa. Attraversa l’oceano e arriva a Boston il 15 novembre 1903 con il piroscafo Vancouver.
Negli Stati Uniti fa quello che può per sopravvivere: il commesso, il cameriere, l’operaio, ripara macchine da cucire, stira in una sartoria.
Ad un certo punto Carlo che adesso si fa chiamare Charles, viene a sapere che c’è un connazionale che sta facendo fortuna, si chiama Louis Zarossi e ha appena aperto una banca a Montreal, in Canada.
Da quell’istituto di credito parte la sua carriera da truffatore che, come tutte le carriere, non è che va bene proprio da subito. Nelle truffe, come altrove, ci vuole apprendistato.
E Charles lo scopre pagando di tasca propria e facendo dentro e fuori dalla galera un po’ di volte. È lì che impara, è lì che fa gli incontri giusti: Ignazio Lupo Saietta, il boss della “mano nera”, Charles Morse,banchiere condannato a 15 anni per appropriazione indebita.
Esce, torna a Boston, si sposa con Rose Gnecco, si inventa altre operazioni strampalate, tipo la guida del commerciante che, per l’ennesima volta, non va bene, però gli fa scoprire l’esistenza dei tagliandi internazionali di risposta.
Funzionava così: gli emigranti scrivevano a casa ma spesso, a casa, non avevano neanche i soldi per il francobollo. Allora, dentro la missiva, si poteva mettere questo tagliando. Chi lo riceveva se ne andava nell’ufficio postale della sua città e si faceva dare un francobollo.
Charles pensa che se acquista molti buoni in paesi stranieri e poi li converte negli stati uniti, per via del gioco di prezzo dovuto all’inflazione, il guadagno è sorprendente.
Apre una sua società, con un bel nome pomposo: Security Exchange Company.
Ma è solo il primo passo, con quel sorrisone che ha e quei modi gioviali, convince amici e conoscenti che se gli danno i loro risparmi può garantire loro un utile del 50%. Raccoglie un sacco di soldi, presto si dimentica dei francobolli e ripaga gli interessi con i soldi dei nuovi investitori. Tutti vedono che la cosa frutta, nessuno ritira i propri depositi, così la ditta cresce e Charles Ponzi inventa un metodo: lo schema Ponzi.
Vive alla grande! Si compra una villa con piscina riscaldata a Lexington, gira con l’ultimo modello della Locomobile con autista e fa venire sua madre dall’Italia, in prima classe.
Qualcuno prova a mettergli i bastoni fra le ruote, fa trapelare notizie scoraggianti per invitare i suoi investitori a ritirare i soldi, cosa che lo lascerebbe sul lastrico, ma lui non batte ciglio, sorride, non c’è problema, e allora i suoi clienti si fidano e non si riprendono i loro soldi.
Fino a quando Clarence Barron, uno dei maggiori esperti di economia del Paese, pubblica un articolo sul “Boston Post” che si intitola: DUBBI SUGLI SCOPI NASCOSTI DIETRO AL PIANO PONZI.
Ponzi barcolla ma non è ancora il tracollo. Quello arriva il 2 agosto del 1920 con un altro articolo dal titolo inequivocabile: PONZI IRRIMEDIABILMENTE INSOLVENTE.
Il “Boston Post” prende il Pulitzer negli stessi giorni in cui Ponzi entra al cercare di East Cambridge.
Lui mica perde il sorriso eh! Mai! Anche perché lo trattano come una celebrità.
Dopo 10 anni di lavoro, utili per chiarire tutti i casini che aveva fatto, viene rimpatriato, visto che non si era mai preso la briga di prendere la cittadinanza americana.
Vive a Roma, fa il contabile, poi il piazzista, tenta persino di farsi pubblicare una biografia, “L’ascesa del signor Ponzi”, che però nessuno gli pubblicherà né in Italia, né in America.
C’è un ultimo colpo di coda.
Attilio Biseo, colonnello dell’aviazione, comandante della squadriglia “sorci verdi” e pilota personale di Benito Mussolini, lo prende in simpatia e gli affida l’incarico di gestire la LATI, linee aeree transatlantiche italiane, fra l’Italia e il Brasile.
Vive a Rio, davanti all’oceano. Ma dura poco.
Scoppia la guerra, il governo brasiliano controlla meglio i voli e a bordo ci trova diamanti e materiale per i paesi dell’asse, microfilm, dossier, spie…
Nel dicembre del ’41 la LATI viene sciolta. Con la liquidazione Carlo, è tornato Carlo, ci apre una pensione, poi una rosticceria ma alla fine si deve vendere anche l’appartamento e trasferirsi in un quartiere popolare di Rio.
È in clinica mentre progetta nuove imprese ma sono i suoi ultimi giorni. Il vicino di letto una mattina gli chiede: “Come va?”
E le sue ultime parole sono: “Tutto bene”.
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