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Edith Piaf: storia di una voce

3/6/2021

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La storia che racconto oggi non è solo la storia di una persona, è più la storia di tante strade e una voce. Una voce che resiste, alla strada e a tutto il resto.
Edith Giovanna Gassion ha un rapporto particolare con la strada, la leggenda dice che sia nata per strada, partorita con l’aiuto di un poliziotto di passaggio, la madre è una cantante di strada italo-berbera, il padre invece è un contorsionista normanno.
La strada è anche quella delle prostitute che frequenta, visto che cresce nel postribolo di proprietà della nonna.
Sempre per strada inizia a cantare, ha 7 anni e sceglie un marciapiede, quello al numero 72 di rue de belville e su quel marciapiede mette un cappello, i giorni fortunati pieno di monete, i giorni sfortunati vuoto, il cappello come la pancia.
E la sua voce è già lì, come un miracolo, prima che lei abbia scelto qualsiasi strada, inizia a resistere ad una vita già durissima.
È ruvida, dolcissima, dolorosa, eppure piena di gioco e di gioia di vivere.
A 17 anni Edith ha una bambina che morirà di meningite a 2 anni ma la sua voce non si scalfisce, assomiglia ad un usignolo, così almeno sembra a Louis Leplée, che infatti la soprannomina Piaf che, nell’argot parigino, significa proprio usignolo, passerotto.
Debutta nel 1935 con un abito nero di maglia con le maniche troppo corte, non per un fatto di moda, semplicemente perché non ha fatto in tempo a finire di cucirle.
Sembra che quel maglione lo abbia trovato per strada, guarda un po’.
Si direbbe che un po’ di rabbia, anche se sei stata attenta a non farla colare, c’è finita dentro quella voce, e invece no, se c’era, c’era già prima, quella voce arriva prima, anticipa tutti, tutti gli arrabbiati della rive gauche, anticipa Juliette Greco, Camus, Queneau, Boris Vian…ma ormai la Francia si è innamorata di lei e lei trascina i francesi fuori dalla guerra con la scia luminosa de la vie en rose che sembra una cometa di speranza.
Forse non è un caso che anni dopo l’asteroide 3772 sia stato dedicato a lei e battezzato “Piaf”.
Nemmeno la guerra ce l’ha fatta ad incrinare quella voce, sempre la stessa, e neppure l’amore e il dolore ci riescono.
Edith si innamora di Marcel Serdan, il pugile che non sfiderà mai Jack LaMotta perché il suo aereo cadrà mentre sta andando negli Stati Uniti.
Edith è distrutta dal dolore e i segni si vedono nel corpo e forse nell’anima ma non nella voce che canta ancora L’hymne a l’amour.
Non ha avuto quella che chiameremmo una vita fortunata Edith Piaf, nonostante il successo, la sua esistenza è stata costellata da eventi negativi che l’hanno provata molto nel corpo e nello spirito. In una della sue ultime uscite il filmato la mostra piccola, curva, magra e con le mani tremanti ma quella voce che esisteva prima di ogni strada era ancora lì, sempre la stessa, inalterata, cristallina e quello che la voce protagonista della nostra storia ha deciso di cantare come un ultimo regalo, come un testamento, è stato “No, je ne regrette rien”, “no, io non rimpiango nulla”.
Seppur molto distante nel tempo e nello spazio, CLICCA QUI per la storia di un'altra grande donna.

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