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Il giorno che si è rotto il teatro

2/4/2022

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È il 9 maggio del 1921 e al teatro Valle di Roma va in scena uno spettacolo di Luigi Pirandello. 
I primi spettatori che entrano a teatro pensano di aver sbagliato sala o serata. Vengono accolti da un palcoscenico spoglio, il traliccio è appoggiato a terra, alcuni operai attraversano la scena spostando cantinelle, quinte e luci. C’è solo un tavolaccio buttato in mezzo. Le persone fra il pubblico si guardano perplesse. 
Poi arrivano degli attori, il regista ma arrivano dalla stessa porta da cui il pubblico è entrato, si comportano come se fosse un giorno di prova, chi è annoiato, chi propositivo, si fanno commenti, battute, arriva anche la prima attrice con il cagnolino d’ordinanza. 
Mentre la compagnia si prepara a provare e il pubblico non sa se andarsene o restare, arrivano 6 persone dall’aria triste, sono una famiglia, padre, madre, il figlio e la figliastra. C’è anche un adolescente e una bambina che non parlano mai. 
Sostengono di essere sei personaggi che hanno bisogno di una storia, di un autore che metta in scena la loro vicenda. È una vicenda terribile e spaventosa.
Il Padre dice di aver abbandonato la moglie, si giustifica, dice che è stato per il bene di lei che era innamorata di un altro uomo. Lui però non ha mai smesso di seguire da lontano l’andamento della nuova famiglia, la nascita di altri tre figli, fino a quando l’uomo al quale ha ceduto la sua vita morirà.
La madre e la figlia sono così costrette a lavorare nell’atelier di un personaggio sgradevole, madame Pace si chiama. La vecchia non è soddisfatta del lavoro della madre e allora fa una terribile proposta alla figlia, giovane e bella, quella di “intrattenersi” con degli uomini se non vuole che la madre perda il lavoro e rimanga sola a crescere quattro figli.
La ragazza cede ed è qui che l’orrore si compie perché un giorno si trova di fronte, come cliente, il padre che li aveva abbandonati.
Gli attori tentano di rappresentare proprio questa scena. La trovano potente proprio perché drammatica ma la figliastra, quando la vede, si mette a ridere, è troppa la distanza fra la verità e la rappresentazione.
“faccia fare a noi!”, viene chiesto al capocomico. Noi sapremo come dare corpo vero alla nostra vera disgraziata vita. Ora però la carica emotiva è fin troppa, la madre irrompe sulla scena per evitare che lo scempio si compia, il servo di scena, per errore fa cadere il sipario, l’atto si chiude.
Il capocomico è infastidito, si è persa una giornata di prove per assecondare questo e altri vaneggiamenti, alcuni dei quali agghiaccianti, di questi strani tizi usciti dal nulla e venuti a pretendere chissà cosa. 
In quel momento si accende per sbaglio una spettrale luce verde che proietta 4 grandi ombre: quella del padre, della madre, del figlio e della figliastra.
Il capocomico fugge terrorizzato in mezzo al pubblico, le figure escono dal fondo e si piantano in mezzo al palcoscenico, ad esigere ancora la loro verità.
“manicomio!” “Manicomio” urla indignato il pubblico del teatro Valle per questo spettacolo assurdo senza quarta parete e senza ordine di tempo. 
“Manicomio!” “Manicomio” urlano dalla platea e dai palchi. 
I pazzi sembrano aver preso possesso del teatro e forse è così perché dal 9 maggio 1921 il teatro non sarà più la stessa cosa.
Ti piace Pirandello? Prova a LEGGERE/ASCOLTARE cliccando qui!

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