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Il vecchio che leggeva romanzi d'amore

9/2/2021

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Quel poco di civiltà che arriva e El Idillio,  arriva dal grande fiume.
Arriva il liquore, qualche provvista, qualche marchingegno fatto fuori dalla foresta, a El Idilio, arriva pure, una volta ogni tanto, il dentista con la sua poltrona.
Per pochi dollari, anestetizza la bocca malconcia degli indios con una golata di alcol, e poi cava i denti marci senza troppi complimenti, si arrabbia pure se qualcuno urla che lui ha poco tempo e che tirino fuori le palle, accidenti!
Sempre da quel fiume arriva pure un morto e la lettura è semplice.
È il solito tigrillo, una bestia immonda e feroce, che azzanna, sbrana, squarta, uccide senza alcuna pietà.
Qualcuno deve penetrare nella foresta e uccidere il mostro.
Chi ci va?
È un lavoro per Antonio José Bolívar Proaño. Quel vecchio che vive lontano dal villaggio, come un esiliato, quel vecchio che ha scoperto di saper leggere e passa tanto del suo tempo con in mano romanzi d’amore.
Tanti anni prima era arrivato nella foresta con sua moglie, consumata poi dalle febbri della malaria.
Ma lui è rimasto, gli shuar gli hanno insegnato a leggere un altro libro, quello degli alberi, degli insetti, delle belve della foresta e sempre loro lo hanno esiliato per il disonore di cui si era ricoperto cacciando.
Questa è l’occasione per riscattarsi, per essere accettato ancora all’interno della comunità.
All’inizio è una spedizione a penetrare nella foresta alla ricerca del tigrillo ma ben presto il vecchio viene lasciato solo. Lui segue le impronte dell’animale e finalmente, riparato da un albero, lo vede.
Il cuore gli sembra uscire dal petto, lo segue con lo sguardo, fa sempre lo stesso tragitto, il vecchio lo manda a memoria.
Quando crede sia il momento giusto Antonio Josè Bolivar si lancia di corsa verso il fiume ma il tigrillo lo aveva aggirato e lo colpisce alle spalle facendolo ruzzolare fino alla fine della scarpata.
Quando si rialza, di fronte a lui, accucciato a pochi metri, vede il compagno del tigrillo a cui stava dando la caccia. È in fin di vita, soffre.
Il vecchio capisce che l’animale lo aveva condotto lì affinché potesse dare il colpo di grazia al suo compagno, ponendo fine alle sue sofferenze.
E Antonio Josè Bolivar così fa.
Ora rimane solo il tigrillo, la belva, l’animale. Il vecchio ripara in una vecchia canoa, lì il tigrillo lo attacca ma non lo sbrana, gli piscia sopra, come se fosse già morto.
Il vecchio spara un colpo, ferisce sia l’animale che sé stesso e, ad armi pari, si combatte lo scontro finale che vede il vecchio vincitore.
Ma è un rientro triste il suo, se gli Shuar lo avessero visto non avrebbero approvato. Bisogna combattere corpo a corpo, non con la doppietta, al massimo con le frecce avvelenate che permettono allo sconfitto di lasciare la vita terrena invece di rimanere intrappolato nella foresta come un pappagallo cieco.
Non restava che trascorrere i giorni che gli mancavano a El Idillio, riflettendo sulla sua indegnità e, per alleviare il cuore, leggendo la notte romanzi d’amore.
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