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La Benedicta

4/12/2021

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Questa non è una storia qualsiasi, è la storia con la "S" maiuscola, all'interno della quale ci sono miliardi di piccole storie. 
Questa è una storia a cui tengo, perché è una storia della mia terra, è la storia di un posto bellissimo, fra il Piemonte e la Liguria, un posto dove volano i falchi e si sente l'aria di mare, un posto dove c'è la dolcezza dell'erba e dove c'è il grigio aspro delle rocce.
È un fazzoletto di terra in mezzo all'Appennino che sembra sia illuminato da una luce particolare e invece non è vero, la luce è normale, solo che rimbalza su una terra strana che non è né marrone, né nera, è rossastra perché, ha scritto qualcuno che aveva voglia di romanzo, è ancora intrisa del sangue giovanissimo di molti ragazzi, la maggior parte dei quali non avevano nemmeno 20 anni.
In quei boschi, nella primavera del 1944 operavano due gruppi di partigiani: la brigata autonoma Alessandria e la terza brigata Garibaldi. entrambe inesperte e male armate.
Qualcuno della guardia repubblicana fa una spiata ai tedeschi che, insieme a soldati italiani, accerchiano la zona poco prima del venerdì santo. Ci sono scontri, alcuni uomini disarmati o inesperti si rifugiano in un monastero che viene minato e fatto saltare con loro dentro. Poi i tedeschi catturano 75 ragazzi che vengono privati dei loro documenti, in modo da non poter più essere riconosciuti, e fucilati in modo sommario a gruppi di cinque e infine buttati in una fossa comune.
Fra questi c'è un ragazzo di Gavi Ligure che si chiama Giuseppe Ennio Odino che viene scambiato per morto ma non lo è. Non è fra quelle 147 persone che persero la vita alla Benedicta.
Riesce a scappare e viene arrestato qualche giorno dopo e viene deportato a Mauthausen, numero di matricola 63783, dove vennero deportati anche altri partigiani, traditi da delatori, loro vicini di casa, loro conoscenti o convinti con l'inganno a consegnarsi ai nazisti.
Giuseppe Odino rimane un resistente anche a 
Mauthausen dove organizza delle azioni di boicottaggio e sopravvive al campo che viene liberato ai primi di maggio del 1945.
Negli anni successivi torna al suo primo amore, la bicicletta, diventa amico e segretario di Fausto Coppi.
Nel 2008 decide di raccontare per la prima volta la sua storia, scrive un libro che si intitola: "La mia corsa a tappe", dice che lo ha fatto, cito testualmente: "Soprattutto per i giovani d'oggi, affinché prendano coscienza di ciò che avvenne allora e sappiano che la voglia di sopraffazione e di dittatura è sempre viva in una parte della nostra società".
Se volete toccare con mano quanto questo sia vero, se passate dalle mie parti e magari ci incrociamo, comunque la pensiate, purché pensiate che la sopraffazione e la dittatura siano quanto di più orribile e innaturale l'uomo possa imporre a sé stesso, alla Benedicta, vi ci accompagno io. 
Se ti va di LEGGERE/ASCOLTARE un'altra storia di resistenza e libertà, CLICCA QUI!

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