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L'atollo di Bikini

8/18/2022

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Questa è una storia terribile, racconta della crudeltà dell’uomo sull’uomo.
È una di quelle storie notturne che fanno davvero paura, soprattutto perché non arriva il momento in cui ci si risveglia da un incubo, perché non è un incubo, è una storia vera che, per quanto spaventosa, è giusto venga raccontata.
Le isole marshall erano un paradiso terrestre immerso nel blu tropicale dell’oceano pacifico, abitate da popolazioni completamente autosufficienti, questo fino al 1946 quando gli Stati Uniti ottennero queste isole come territorio fiduciario.
Quello che il governo degli Stati Uniti decide di fare in questo paradiso terrestre che ha come colpa quello di essere in una posizione perfetta per tenere la Cina sotto tiro, è un laboratorio per armi nucleari con gli abitanti come cavie. Il primo marzo del 1954 nell’atollo di Bikini viene fatto detonare un dispositivo termonucleare a fusione con combustibile solido con una potenza di circa mille volte superiore alle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Il cielo si colora di rosso, le palme si piegano a 90 gradi, una gigantesca colonna d’acqua si alza attorno ad 87 navi sui cui ponti ci sono animali di ogni specie portati lì per testarne le reazioni, esattamente come gli abitanti delle isole di Rongelap, Rongerik e Utirik che non sono stati evacuati. L’operazione si chiama “Castle Bravo” ed è la più devastante di 66 test nucleari condotti dal 1946 al 1958.
A vederlo ora l’atollo di bikini, è un luogo silenzioso, bellissimo, spaventoso. C’è una corona di sabbia bianca e vegetazione, una piccola striscia di acqua verde e poi un terribile occhio di acqua blu scuro che è il cratere lasciato dalla bomba. In quello che era un paradiso terrestre oggi non è più possibile vivere, è quasi tutto avvelenato, radioattivo.
Le popolazioni, anni dopo, sono state trasferite in altre isole. La percentuale di cancro è vicina al 100%, nascono ancora bambini deformi o con gravi menomazioni.
In quegli anni nasce il costume a due pezzi che suscitò grande scalpore per la sua audacia, tanto da essere definito un costume da bagno “atomico”. Ecco perché si decise di adottare per il costume il nome dell’atollo.
Nell’edificio dal quale si è fatta partire l’operazione “Bravo”, ora, lasciato nell’abbandono come tutto il resto, sopraffatto da sterpaglie e radici, resiste un cartello particolarmente ironico, alla luce dello stupro che si è fatto di questa gente e di queste terre. Recita: “Si prega di lasciare questo posto come lo si è trovato”.

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