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Novecento

4/6/2021

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Mica è uno scherzo salire sul "Virginian", quello è un transatlantico che attraversa l'oceano, mica una pozzanghera, e la prima volta che sei nel mezzo di una burrasca, ci pensi subito che puoi fare la fine del topo e così ti metti a passeggiare per la nave, cercando di scacciare i pensieri più neri e soprattutto tentando di stare in piedi. 
E lì magari incontri uno che in piedi ci sta senza fatica e che, in mezzo alla tempesta, ci suona pure il pianoforte ma non le note normali, lui suonava una musica che non esisteva: Danny Boodman T.D. Lemon Novecento.
Era andata così: un negro grosso come un armadio lo aveva trovato in sala macchina dentro una cassetta di limoni. Succedeva su quella nave, c'erano un sacco di emigranti e un bambino era una bocca in più da sfamare, perciò...
Il marinaio lo aveva allevato per otto anni, due mesi e undici giorni fino a quando non si era preso una carrucola impazzita in mezzo alla schiena e fine dei giochi. 
Così, ora, c'era un bambino che a otto anni si era già fatto avanti e indietro dall'Europa all'America una cinquantina di volte ma a terra no, non c'era scuola, galera, parrocchia o squadra di baseball che avesse il suo nome. Lui non era mai sceso. Aveva visto le città ma dai porti, il piede a terra non l'aveva posato mai. Lui stava lì, a bordo, a vivere le vite degli altri, a vivere i sogni che ci stavano fra una prua e una poppa. Potevi pensare che fosse matto ma quando uno ti racconta con assoluta esattezza l'aria che c'è a Bertham street, d'estate, dopo che ha piovuto, mica puoi dargli del matto solo perché lui, a Bertham street, non c'è mai stato. Il mondo passava sulla sua nave, lui lo spiava e gli rubava l'anima, tutto qui.
Una volta ci ha anche provato a scendere ma poi è tornato indietro e il suo amico trombettista non ha mai saputo perché, tranne molti anni dopo quando, sarà stata la guerra o la sfortuna, era così malmesso da vendere la sua tromba, quando si è trovato di fronte al "Virginian", carico di esplosivo, pronto a finire la sua gloriosa carriera. È entrato in quel che restava della nave e si è trovato di fronte a Novecento, forse un po' stanco ma non molto invecchiato.
"Perché non scendi con me?", gli ha chiesto. "Perché vuoi saltare in aria con questa dannata barca?" 
"Quando ho provato a scendere...", ha risposto Novecento, "tutta quella città, non se ne vedeva la fine, non è quello che vidi che mi fermò, fu quello che non vidi. Su un pianoforte i tasti iniziano, i tasti finiscono, tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti, tu sei infinito e infinita la musica che puoi suonare ma loro sono 88. Questo lo posso vivere. Ma se di fronte a me si srotola una tastiera di milioni di miliardi di tasti, allora ti sei seduto sul seggiolino sbagliato, quello è il pianoforte su cui suona Dio. Ma come fate voi a scegliere una strada, una donna, una casa, una terra che sia vostra? Un paesaggio da guardare, un modo di morire. Mi spiace, io non sono capace, cerca di capire, fratello. Già me la vedo la scena lassù che non trovano il mio nome sul registro e magari neanche un braccio di ricambio, sai, nell'esplosione...magari mi fanno due destre, che casino tutta l'eternità con due destre...però, se solo c'è un pianoforte, con due destre, che musica!"
Un'altra storia di mare la puoi LEGGERE/ASCOLTARE QUI!

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