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Arsenio Lupin e Alexandre Marius Jacob

3/18/2021

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È da un po’ che Maurice Lablanc gira a vuoto. Scrive ma il successo non arriva. Gli serve un’idea, una buona idea come quella di Doyle, ci vorrebbe un personaggio come Sherlock Holmes, quello sì che è un personaggio potente. Ed è guardandosi in giro che trova l’ispirazione giusta, un uomo affascinante che sembra un personaggio letterario c’è e si chiama Alexandre Marius Jacob…solo che non è uno che i ladri li prende…è uno che il ladro lo fa. Ma con che stile però. Lui e la sua banda, che si chiama: “Les travailleurs de la nuit”, i lavoratori della notte, hanno messo a segno 106 furti, secondo altri 150, ma mai ai danni di coloro che contribuiscono alla società. Nessun medico o ingegnere o artista viene toccato. Le vittime sono gli improduttivi e i parassiti, gli sfruttatori. Alexandre Marius Jacob è un anarchico e di quello che ruba, tiene per sé lo stretto necessario, il resto è per finanziare i circoli operai e libertari, aiutare i deboli e i bisognosi. Si ruba ma solo a certi ricchi e non si spara mai perché uccidere non gli piace. Almeno da quando si imbarcò come mozzo a 13 anni e di nave in nave arriva a bordo di una nave pirata e quella vita lo disgusta. Quando torna in Francia dice: “Ho visto il mondo e non è bello”. Tutta quella vita a bordo non gli ha fatto bene, soffre di strane febbri ed è costretto a rimanere a letto tanto tempo. Quindi legge: Caserio, Bakunin. Anche quel mondo che gli si rivela attraverso quei libri non gli piace. Non solo è violento, è anche ingiusto, profondamente ingiusto. Per un momento pensa di fabbricare una bomba in casa ma lo arrestano prima ed è nei suoi sei mesi di carcere che sceglie la nonviolenza. Uscito vorrebbe lavorare ma nessuno lo prende. Capisce che la polizia ha diffidato tutti dall’assumerlo perché lo vorrebbe come spia. E allora lui fonda la sua banda ed entra nella storia del crimine con alcuni dei colpi più spettacolari, machiavellici e fantasiosi mai visti. Svuota magazzini di commercianti disonesti, gabba una contessa fingendosi un suo ospite, si intrufola e alleggerisce il casinò di Montecarlo. Nel 1903 lo arrestano e la sua tirata al processo è memorabile, un pezzo teatrale.
«Ogni uomo ha il diritto di godere della vita. Il diritto a vivere non si mendica, si prende… Comprendo che avreste preferito che fossi sottomesso alle vostre leggi, che operaio docile avessi creato ricchezze in cambio di un salario miserabile. E che, il corpo sfruttato e il cervello abbrutito, mi fossi lasciato crepare all’angolo di una strada. In quel caso non mi avreste chiamato “bandito cinico” ma “onesto operaio”… Vi ringrazio molto di tanta bontà, di tanta gratitudine, Signori! Preferisco essere un cinico cosciente dei suoi diritti piuttosto che un automa... La lotta scomparirà solo quando gli uomini metteranno in comune gioie e pene, lavori e ricchezze, quando tutto apparterrà a tutti». La cosa, a mio parere, più divertente e più poetica la mette alla fine, quando non solo non chiede perdono ai giudici, ma è lui che glielo concede. E un piccolo effetto c’è, non lo condannano alla pena di morte ma all’ergastolo da scontare al bagno penale della Cayenna dove Jacob arriva che ha 22 anni e sta con i ferri ai piedi e mangiando pane e acqua per sei anni. Anche in carcere lascia il segno, gli vogliono bene, alla fine è un essere umano speciale. Il direttore gli vuole bene perché, essendo un uomo distratto, talvolta, perde la chiave della cassaforte e allora chiama lui che gliela apre in 5 minuti. Era anche un bell’uomo, tanto che la moglie del vicedirettore si innamora di lui. Anche se lo trattano bene, è pur sempre un bagno penale e lui tenta di evadere 17 volte ma non ci riesce. Gli danno la grazia che ha quasi 50 anni. La moglie nel frattempo è morta, lui si stabilisce a Reully e si mette a fare il venditore ambulante e tempo dopo sposa un’altra donna. Persino i bagni penali non hanno spento la sua passione politica, cerca di impedire l’estradizione di Durruti, quando scoppia la guerra civile spagnola va a Barcellona, durante la seconda guerra mondiale dà riparo ai partigiani. Quando anche la seconda moglie se ne va, a Jacob rimane solo un vecchio cane cieco. I suoi paesani gli sono affezionati però, i bambini in particolare, perché lui si diverte e fabbricare per loro piccoli giocattoli. Si vede che era stanco però e alla fine dell’estate del 1954 decide di morire. Prima organizza una bella festa per tutti i bambini del paese. Quando termina, contento di come è venuta, scrive una lettera a tutti coloro che gli hanno voluto bene. Le ultime righe fanno così: «… mi considero soddisfatto del mio destino. Dunque, voglio andarmene senza disperazione, il sorriso sulle labbra e la pace nel cuore. Ho vissuto. Adesso posso morire. P.S. Vi lascio qui due litri di vino rosato. Brindate alla vostra salute».  Poi posa la penna e prepara due iniezioni di morfina, la prima per il suo vecchio cane che si chiama Negro e la seconda per lui. Muoiono insieme, uno accanto all’altro. Sembra che muoia perché il suo fascino, il suo coraggio, le sue imprese anarchiche e mirabolanti sono cristallizzate dentro i libri di Maurice Leblanc. Sono lì, ti sembra di poterle prendere, ma poi svaniscono, all’ultimo minuto, come Arsene Lupin.
Un'altra splendida storia francese è quella della voce di Edith Piaf! ECCOLA!

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