Nel paese dei malocchi tutti si guardavano male. In posta ci si guardava male perché qualcuno non saltasse la fila, al supermercato ci si guardava male perché nessuno voleva arrivare per ultimo al cestone delle offerte, allo stadio si guardava male chi tifava la squadra sbagliata o, se la squadra era la stessa, si tifava solo per certi giocatori e si guardavano male quelli che tifavano per gli altri, nelle boutique le commesse guardavano male i culi delle clienti per sottolineare quanto fossero inadatti agli abiti di alta sartoria e le clienti guardavano male le commesse perché avevano delle facce ottuse. Se i tedeschi sono duri, i francesi raffinati, i brasiliani allegri e gli italiani ingegnosi, gli abitanti del paese dei malocchi si guardavano male e, nel loro caso, non era un luogo comune, era un dato di fatto. Il sindaco e tutta la giunta ci tenevano tantissimo a questa caratteristica che ormai era una sorta di prodotto tipico, un’attrattiva che richiamava frotte di turisti: coppiette, famiglie ma anche avventurieri zaino in spalla, riempivano gli hotel e le pensioni del paese dei malocchi ogni weekend e poi si riversavano in strada ad osservare come si guardassero male gli autoctoni. Chi osservava ammirato come si potrebbe osservare un rito sciamanico in un paese esotico, altri prendevano appunti, scattavano foto, filmavano per confezionarci documentari, libri fotografici, articoli per travel blog, chi commentava, sorrideva, si dava di gomito, prima ovviamente di essere messo a tacere con uno sguardo da un local che lo guardava male. Figuratevi, guardandosi male da generazioni, avevano messo a punto uno sguardo in grado di incenerire anche il più innocente degli uomini: l’occhio si girava, appuntito, e grondava un misto di disprezzo, commiserazione e crudeltà. Era uno sguardo che aveva quasi consistenza, odore, puzzava di benzina, di zolfo e di cloroformio. La domenica era il giorno migliore per visitare il paese dei malocchi perché tutte le domeniche, intorno alle 3, il sindaco si affacciava dal balcone e guardava male tutta la folla assiepata in piazza che, già da mezzora, guardava male la finestra dell’ufficio del sindaco, commentando quanto fosse incompetente lui e la sua giunta. Il sindaco con voce stentorea, sottoponeva una questione alla piazza, a volte importante, molto più spesso futile, suggerendo due schieramenti possibili, nessun’altra possibilità. Diceva cose tipo: “dobbiamo riqualificare l’area di fronte al ferramenta: parco giochi o parcheggio?” “Dobbiamo mandare i bambini in colonia: mare o montagna? Dobbiamo comprare un gioco in scatola per il circolo anziani: Monopoli o Risiko?” E via così. Era tanto per fare, tutti lo sapevano che intanto poi non si concludeva nulla. Era tanto per poter litigare fino alla domenica successiva, per guardarsi male fino al quesito successivo. D’estate poteva accadere che gli argomenti si infiacchissero, allora saltava sempre fuori l’assessore alla cultura, bravissimo, che si inventava fatti mai avvenuti per rinfocolare le polemiche, giusto per non arrivare ai primi di agosto, in concomitanza con la sagra dell’occhio torvo con gli animi spenti. Cosa che capitava solo quando qualche scemo invece di scegliere A o B si metteva lì, noioso, ad argomentare. I turisti erano affascinati da quel paese così caratteristico, le case fatiscenti, la aiuole abbandonate, le strade sconnesse, i cartelli bucherellati e da quella popolazione così singolare fatta in prevalenza da giovani infuriati e vecchi malmostosi. Gli adulti di mezza età mancavano in effetti, falcidiati da infarti e violenti travasi di bile, solo i più coriacei godevano della benedizione di morire nel proprio letto guardati male dal prete che gli dava l’estrema unzione. In tanti si chiedevano quanto sarebbe potuto durare. Il paese dei malocchi era come Venezia violentata dalle Grandi Navi, andava preservato. Alcune associazioni erano anche nate per salvaguardare l’unicità del paese dei malocchi ma, come è ovvio, si erano sciolte non appena i membri avevano cominciato a guardarsi male e a litigare per ogni minima decisione. L’unica maniera di salvare il paese dei malocchi sarebbe stato quello di snaturarlo ma, a quel punto, il principale, se non unico, motore economico del piccolo centro sarebbe scomparso. L’unico modo per continuare a vivere, consisteva nell’imparare a vivere in un altro modo. Un bel dilemma.
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December 2022
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