Oreste sceglieva gli alberi del bosco. Alla fine di ogni estate partivano a squadre con le asce, le seghe, le corde. Penetravano nel cuore del bosco e poi aspettavano tutti Oreste che, con un gesso, sceglieva gli alberi. Faceva delle croci su quelli vecchi, contava quelli strettamente necessari all’inverno, poi, quando aveva finito, faceva un gesto e allora partiva il concerto di chi colpiva, chi recideva, chi tirava giù. Le bestie piccole del suolo si facevano da parte. Poi, una volta che tutti i tronchi erano a valle, si sfrondavano e si facevano le fascine, si lasciava solo un rametto e qualche foglia, in alto, come una specie di pennacchio. Quelle si ciucciavano tutta la linfa rimasta, dalle radici fino alla cima. A quel punto si tagliavano i pezzi per le stufe, i forni, le caldaie. Un migliaio di chilometri più giù Salvo sceglieva i pesci del mare blu. Partivano a squadre con le reti, gli ami, le fiocine. Navigavano nel mare profondo e poi aspettavano tutti Salvo che diceva il numero. Quello strettamente necessario. Lui faceva un gesto e partiva il concerto di schiuma e richiami, indicazioni e bestemmie. Le piccole bestie degli abissi, piccoli e femmine, sfuggivano alle maglie delle reti, erano grandi apposta. Poi, man mano che i pesci venivano issati, Salvo faceva una croce con l’unghia sulle squame e una piccola preghiera, sottovoce, rapida, quasi un pensiero. Si portava tutto a riva, veniva pulito, tagliato, distribuito. Ora che il legno si vende su larga scala il bosco non c’è più e nessuno ha chiesto più a Oreste di contare, gli hanno dato un altro lavoro che però non è la stessa cosa. Prima era come un sacerdote, ora forse guadagna di più ma riempie tabelle delle quali capisce a stento il senso. Ora che ci sono i radar i pesci li pescano in oceano, non ci arrivano nemmeno più al mediterraneo e Salvo ha dimenticato come si faceva la conta di stagione in stagione. Oreste si mette a camminare verso sud, Salvo verso nord, si incontrano in pianura, in un’osteria, al bordo di un autostrada. Non si conoscono ma si riconoscono e iniziano a parlare un po’, si aiutano con il vino che con le parole nessuno dei due è mai stato un granché. “C’era bisogno?”, chiede Oreste. “No, non c’era bisogno, c’era la voglia.”, risponde Salvo. Che uno le cose mica se le prende sempre perché gli servono, sempre più spesso se le prende perché le vuole. Le cose si prendono pure se non ci servono, anzi pare proprio che uno le desideri di più quando non gli servono. Alla gente piacciono i lussi. “Per me il lusso era avere le cose di cui avevo bisogno” “E il tempo.”, aggiunse Salvo. “E il bosco.”, rincarò Oreste. “E il mare.”, concluse Salvo. Le macchine sfrecciavano in autostrada e facevano rumore. Per dire altro bisognava alzare la voce e nessuno dei due voleva farlo, così rimasero zitti, in un’osteria della pianura. Poi il rumore diminuì e a Oreste venne un dubbio. “Non ti viene la malinconia lontano da casa?” “Sai cosa? Ormai mi viene anche al mio paese. Non mi sento più a casa neanche lì”. “Anch’io.”, disse Oreste. “Anch’io, ormai mi sento sempre lontano da casa.” Il rumore riprese e di nuovo nessuno dei due voleva gridare. E così ordinarono un’altra bottiglia e rimasero a bere, a quel tavolo, lontani da casa.
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December 2022
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