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La frantumaglia e Ciro

3/4/2021

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Le strade, stradine, vicoli, viuzze, piccole piazze, del centro storico di Napoli sono un meraviglioso teatro a cielo aperto.
Se ti ci infili dentro da Spaccanapoli, le voci di San Gregorio Armeno, le magnifiche chiese dove ti sembra non ci stia nemmeno uno sgabuzzino a Montecalvario, i panni stesi alla Vicarìa, i motorini, la frutta, il cielo blu in mezzo ai muri neri, le facce, immediatamente sei disposto a credere a tutto, ti aspetti di tutto, se spuntasse una giraffa o un aviatore sopra un babbà ti stupiresti sì, ma sapresti che è il posto giusto per questo, che lì può succedere.
Ciro sta lì, da sempre, ha 13 anni e tutti gli vogliono bene perché ha quella faccia simpatica e furba di chi la vita la prende di corsa. Lo chiamano tutti Ciruzzo e a lui piace.
Gli piace andare in giro e guardare. Ha due occhi enormi, riesce a farci entrare tutto, e azzurri come il mare quando lo guardi da Posillipo, due occhi che gli hanno lasciato in eredità i normanni o gli svevi. Non sa e non gli interessa. Sono i suoi e basta.
Gli piacciono pure i social, si è fatto tutto: scrive cose per i vecchi su Facebook, prende un po’ per il culo i boomer, ci sta,  fotografa il suo quartiere per Instagram, balla su TikTok, parla pure su ClubHouse e dice la sua su Twitter.
Con tutta la roba che vede e che sente non gli è difficile, gira, chiacchiera, qualche volta spia e poi torna a casa e posta: frammenti, mezze frasi, citazioni, considerazioni, opinioni, sue, di altri, un po’ sue, un po’ di altri, qualche volta cambia idea ma i social corrono più veloci di lui e chi cazzo va a rileggere quello che hai scritto una settimana o un mese fa? Si corre, si macina, si mastica tutto come le pizze a portafoglio che si compra tornando da scuola e che dopo 20 metri ha già finito.
Ciruzzo era sempre allegro e all’improvviso si è fatto scuro e nessuno capisce perché.
Neanche lui ha capito perché.
Sente come se nella testa e nella pancia gli si fosse rotta una finestra e ora invece di vedere panorami e godere della luce che filtra, mille cocci di vetro sono caduti in terra e gli tagliuzzano il cervello e pure lo spirito.
All’inizio gli fanno fare un giro dai saggi del quartiere: il fabbro gli dice che saranno le donne, il panettiere dice che saranno le pippe, il fruttivendolo dice che saranno le donne e le pippe ma che forse potrebbe c’entrare anche la scuola e il Napoli che ha perso in casa con il Sassuolo e infine il parolaio gli ha fatto un discorso di 3 quarti d’ora che alla fine ne è uscito più confuso di prima.
Resterebbe da consultare la capera, che sarebbe la parrucchiera, non che lo faccia ufficialmente, però è brava, aiuta il marito con qualche soldo in più che non fa mica male, va a casa di chi la chiama per tagliare i capelli, fare la piega…costa un po’ meno ed è saggia, le donne la chiamano anche per quello.
Mentre pareggia o scala o taglia le doppie punte, le donne parlano e lei ascolta e alla fine dice sempre qualche parola più con un senso più pesante di quelle che si ascoltano al mercato o per il vicolo.
Ciro vorrebbe andarci ma quella signora gli mette un po’ di soggezione, è vecchia e ha sempre uno sguardo intenso, fermo, parla pochissimo, non la sa inquadrare.
La mamma di Ciro però, che si chiama Teresa, gli ha teso una trappola, lo ha visto un po’ giù e ha chiamato la capera pure se non ne aveva bisogno, con la scusa che magari poteva farsi un taglio nuovo e magari anche al figlio poteva dargli un’aggiustata che aveva sempre i ricci che andavano di qua e di là senza mettersi d’accordo fra loro.
E alla fine, sarà stata l’acqua calda che lo ha rilassato, o il massaggio in testa per lo shampoo, pure Ciro si mette a parlare e gli racconta di questo terreno accidentato che ha dentro il cuore, del fatto che gli piace andare in giro a guardare e che poi scrive tutto subito sui social e della finestra rotta.
Insomma alla capera racconta tutto.
“tieni la frantummaglia”, dice lei.
La frantumaglia è il deposito del tempo senza l’ordine di una storia, di un racconto.
Questo ve lo dico io perché la capera non gli ha detto questo.
Gli ha detto solo che la frantumaglia ti fa fare cose misteriose che appaiono senza senso e che è preceduta da un sapore di ferro in bocca.
Poi gli ha suggerito di continuare ad andare in giro, di continuare a vivere, pure di corsa se preferisce ma di non vomitare subito tutto da qualche parte, sui social o altrove perché i pezzi di vita, per prendere senso, hanno bisogno di depositarsi un po’.
Bisogna lasciare che il tempo abbia il tempo di metterli in ordine affinché assumano o ci illudano di assumere, vedete voi, la forma di una storia che abbia un senso.
Ciro aveva una vita piena che però vomitata a pezzetti non aveva senso e una vita che appare senza senso fa tristezza a tutti.
Doveva solo aspettare un po’ e dopo raccontare, scrivendo, dipingendo, cantando o semplicemente scegliendo di essere un uomo invece di un altro, la sua storia, con un ordine, senza frantumaglia.
Vuoi ascoltare un'altra grande storia con Napoli protagonista? ECCOLA!

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