Avete mai sentito un calciatore che si piazza davanti ai microfoni e dice che lo sanno tutti che la sua squadra è favorita dagli arbitri? No, eh? Ve lo presento io, ha un nome lunghissimo, come sono i nomi musicali del suo Paese: è Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira. Dopo la vittoria con la Spagna ai mondiali messicani del 1986 ed un goal di Michel annullato ingiustamente, dice chiaro e tondo che lo sanno tutti che Brasile e Messico fanno vendere più biglietti e quindi a tutti interessa far sì che quelle due squadre vadano più avanti possibile. La FIFA aprì un’inchiesta ma non credo che la cosa lo scosse perché, parole sue: “Noi calciatori siamo artisti e gli artisti sono gli unici lavoratori che hanno più potere dei loro capi”. E invece avete mai sentito di una squadra di calcio che da una decisiva spallata ad una ventennale dittatura? Vi presento anche questa: è il Corinthias di Walter Casagrande, Zenon de Sousa Farias, Wladimir Wlarimir Rodrigues dos santos e naturalmente lui, il filosofo, il dottore, il poeta, uno dei calciatori più forti di tutti i tempi: Socrates. I Timao rivoluzionano l’idea stessa di una squadra di calcio. Ogni decisione veniva presa in assemblea dove votavano tutti, dalla stella della squadra, fino all’ultimo magazziniere ed ogni voto aveva lo stesso valore. Si decidevano gli orari di allenamento, se acquistare dei palloni, quali giocatori andavano comprati, quali ceduti, se andare in ritiro o dormire a casa. Era nata la Democrazia Corinthiana. In Brasile. Un paese che la democrazia non ce l’aveva più da 20 anni. Non ce l’aveva più da quel giorno del 1964 in cui i militari deposero il governo del partido trabalishtas brasileiro, il governo di Joao Goulart, non ce l’avevano più da quel giorno in cui Socrates vide suo padre, bruciare in gran fretta i libri più scomodi che conservava nella sua libreria. Il Corinthias viveva insieme alla sua gente, scendeva in campo con messaggi politici scritti sulle maglie, appoggiò un certo Lula come governatore Paolista, i suoi giocatori parteciparono alle manifestazioni popolari per richiedere elezioni libere e, nella finale del torneo paolista del 1983, scesero in campo con uno striscione che recitava: “Vincere o perdere ma sempre con democrazia”…diedero voce ad un intero popolo che smaniava un cambiamento…per poco non viene giù lo stadio. Quello stesso anno Socrates fa una dichiarazione, di quelle che si buttano lì, per fare un po’ i romantici, un po’ i profeti. Dichiara che avrebbe desiderato morire di domenica e con il Corinthias campione. Da quella dichiarazione al dicembre del 2011 c’è ancora tanta vita, una carriera da pediatra, la produzione di un’opera teatrale, una comparsata, insieme a Zico, in una telenovela, l’incisione, insieme a Toquinho, del famossimo brano, “Aquarela do Brasil”, un libro, tantissimi editoriali che continuarono a fare opinione nel suo Paese. E immagino anche che non abbia mai smesso di suonare, fare il donnaiolo e bere tanto. Troppo. La cirrosi gli ha mangiato il fegato e si è spento il 4 dicembre del 2011 alla clinica israelita Albert Einstein di San Paolo e quella sera stessa il Corinthias vinceva il titolo paolista senza che il pubblico mai, per tutta la partita, avesse smesso di cantare il suo nome.
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December 2022
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