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La vertigine

5/6/2022

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Era un bambino felice, in un modo indistinto, come lo sono i bambini, felici di tanti pezzetti particolari di felicità che neanche si curano di mettere in ordine.
Certo, in mezzo a quei pezzetti, c’era il cinematografo, ad essere precisi, il cinema centrale, il buio della fredda campagna intorno, il buio della sala, il velluto delle poltrone a ribalta, il fumo delle sigarette, la liquirizia, le caramelle colorate e i semi di zucca, le giacche sporche di grasso dei meccanici, il talco borato Paglieri.
Al bambino piaceva stare lì, a guardare i film che le zie lo portavano a vedere per avere una scusa buona per uscire con i fidanzati e baciarli.
Lui, 5 o 6 anni, appena appena distingueva qualche parola dei cartelloni, ma l’accordo con le zie era ragionevole: un film di spadaccini e un film d’amore, un film di antichi romani e un film d’amore, un vecchio western e un film d’amore. Una sera, mentre era felice, sgranocchiando semi di zucca, in mezzo alle zie intente a baciarsi con i rispettivi fidanzati, a tradimento, sullo schermo, due innamorati stavano ballando stretti in una balera ed è partita una canzone. Una canzone vecchia come il mondo, di Gino Latilla, che dice “è stata una vertigine, tenerti stretta al cuor” e ora ti dirò lasciandoti “scusami, scusami ancor”.
E il bambino, in quel momento, ha iniziato a piangere. Senza tristezza e senza dolore. Dolcemente. Senza disturbare, senza neppure smettere di succhiare la caramella. Il bambino era stato visitato dall’amore che, senza trovare difese, era entrato languido e fermo. Per sempre. Quella canzone, quel bambino, non l’ha mai più sentita, per molti anni, mai, né in radio, né in televisione, né da un’orchestra di una sagra paesana, mai, fino a quando è diventato uomo, come se fosse sparita dal mondo, ma lui non l’ha mai dimenticata ed ogni volta che l’amore riaffiora, riaffiora anche la canzone, e riaffiorano il cinema e la campagna e il film e la balera dove i due innamorati ballavano stretti e riaffiora prepotente la vertigine, lo sgomento, il languore e ancora la vertigine. Al posto del cinema centrale oggi c’è il parcheggio di un grande supermercato, della grande campagna è rimasto qualche alberello ficcato nel cemento. Di quel tempo è sparito quasi tutto, il talco borato Paglieri e l’olio dei meccanici, le ziette magari no, saranno chiuse dentro qualche casa, con i loro antichi fidanzati, in quella che un tempo era campagna ed ora è condominio o villetta a schiera.
E proprio davanti ai carrelli, questa mattina, un vecchio un po’ matto, ha intonato per il cielo e per i clienti del supermercato un canto stonato che teneva dentro il cuore da un sacco di anni.
Ora che è troppo vecchio per sopportare la perdizione di un amore così grande ha deciso di liberarlo e cantare l’unica strofa che ha mai conosciuto, quella che dice che è stata una vertigine tenerti stretta al cuor e che ora ti dirò lasciandoti scusami, scusami ancor.
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