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L'arena erbosa

8/11/2022

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Ho sempre avuto una certa fascinazione per quei fiori che crescono in mezzo all’asfalto, nelle crepe dei muri, in mezzo ai rifiuti. Nonostante i tubi di scappamento, nonostante la mancanza di acqua e di luce, nonostante la terra inquinata ce la fanno, magari per poco, ma ce la fanno a sbocciare. Questa è la storia di un uomo che assomiglia a quei fiori, si chiama John Healy. Nasce a Kentish Town, north London, famiglia irlandese, un padre con una bella fila di denti bianchi e un bel sorriso che però con lui non rideva mai. Erano soprattutto botte. E allora la prima cosa che a John viene da fare è il pugile, lo fa nell’esercito e come prima cosa, gli riesce bene. È uno stereotipo d’altra parte, no? Il picchiatore irlandese. Quelle botte che ha preso però hanno lasciato quei segni che non si curano, anche qui sarà uno stereotipo, sarà retorica, ma John inizia a bere e a breve si ritrova per strada con un gruppo di balordi. Per anni non fa altro che camminare per la città cercando qualcuno che gli offra da bere. Di notte si infila negli anfratti dei cantieri, sposta lamiere e ci si infila in mezzo, si protegge dal vento e dalla neve, costantemente intontito, costantemente immerso in una sottocultura dove violenza e soprusi sono la norma. Ne vede cadere tanti. Le risse nascono dal niente, si rompe un pezzo di legno, si afferra un tubo di metallo abbandonato, si rompe una bottiglia e qualcuno muore. Si cerca di non farsi trovare in giro quando arriva la polizia. John fa dentro e fuori dalla prigione. A Petonville, nel 1971, come compagno di cella, gli capita Harry Collins, detto Brighton Fox. Lo chiama “Oliver”, come Oliver Twist. John lo vede concentrato su un gioco di cui non sa nulla, gli scacchi. Harry gliela spiega così: “sulla scacchiera puoi fare tutto quello che fai per strada ma senza finire in galera”. John rimane affascinato, in poco tempo impara. Io non so giocare a scacchi ma so che chi è bravo ne è ossessionato, si stacca dal mondo reale, il suo cervello è in grado di elaborare una serie di casistiche e di patterns che richiedono un’intelligenza non comune. Quando esce inizia a giocare professionalmente, gli scacchi lo assorbono, smette di bere, nell’ambiente si accorgono immediatamente di lui, ha un grande talento, vince 10 tornei internazionali ma, ad un certo punto, realizza che non riuscirà a diventare un maestro. Di solito, i più grandi, iniziano a giocare a 5 anni, lui ha iniziato a 30, non riesce a colmare il gap. Ci mette un anno ad accettarlo, sbanda di nuovo ma questa volta senza deragliare perché, in carcere, era successa un’altra cosa. Aveva disobbedito ad un ordine e un secondino gli aveva dato due calci in bocca e lo aveva sbattuto in isolamento. La cella era piccola e buia, non c’era nessuno, niente da guardare. Quindi lui si sdraia a terra e inizia a respirare lentamente, per calmarsi, poi diventa consapevole del proprio respiro e la cosa lo rasserena come non gli era mai capitato. Fuori dal carcere incontra una donna, è un insegnante di yoga, anche in quello diventerà bravo. Nessun pensiero filosofico o spirituale, dice lui, lo fa solo quando gli serve, ma lo pratica con grande efficacia. Torna da sua madre. Per lei deve essere stato abbastanza scioccante, non aveva sue notizie da 10 anni, probabilmente pensava fosse morto, sta con lei perché non ha un tetto, finirà per assisterla quando lei si ammalerà di Alzheimer. Mentre vive con sua madre, fa il tuttofare per raggranellare qualche soldo e si trova a tagliare l’erba di un giardino di una clinica oncologica dove incontra una paziente, si chiama Jo Spence, è una fotografa che lavorava al british film institute e John le parla di un manoscritto che tiene nel cassetto, ci ha lavorato nel corso degli anni, quando sentiva di dover sputare fuori racconti di quella vita di merda che faceva ai margini della società. Jo Spence pensa sia bellissimo, gira il testo a Colin McCabe che siede nel direttivo della casa editrice Faber&Faber. Nel 1988 il libro esce, si intitola “The grass arena” e riceve critiche straordinarie, vince il prestigiosissimo J.R.Ackerley Award, da quelle righe viene tratto un film che uscirà nel 1991. Purtroppo, poco dopo il lancio, John litiga con i vertici della casa editrice, per soldi pare, la pubblicazione viene interrotta e lui finisce nel dimenticatoio per altri vent’anni, finché il libro non viene ripubblicato dalla penguin classics, niente meno. Oggi John Healy vive a Londra, ha 79 anni, parla poco, si dice che non sia facile comunicare con lui. L’unica cosa che gli interessa, pare, è trovare un po’ di pace mentale, con lo yoga ci riesce, perché trascende. Poi però torna qui e qui, dice, è più difficile.
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