Storia di confine

Questa è una storia di confine, il confine è quello fra gli Stati Uniti e il Messico, El Paso, quei posti là.
In un ranch viene trovata una vacca uccisa da un lupo. Quello che bisogna fare in questi casi è: uccidere il lupo.
Così Billy, un ragazzino di 16 anni, e suo padre fabbricano una trappola e la posizionano. Per giorni. Ma il lupo non ci casca.
Il padre deve tornare al ranch e ordina a Billy, se e quando cadrà nella trappola, spara e poi vieni a chiamarmi.
Una mattina l’animale cade nella trappola; è una lupa bellissima, ha il pelo che, illuminato dalle prime luci dell’alba, sembra d’argento e due occhi sbarrati che guardano Billy.
Billy punta il fucile ma non spara. Fabbrica una museruola artigianale, attacca la lupa al cavallo e, invece di tornare a casa, va nella direzione opposta e qui, fra Billy e la lupa, inizia un corteggiamento che dura giorni, lui le dà da mangiare e da bere, lei prima rifiuta, poi mangia, boccone dopo boccone, passo dopo passo.
In questi spazi sconfinati, un giorno incrociano un furgoncino, l’autista chiede: “Cosa fai, ragazzo, con questa lupa?” e Billy risponde: “La riporto a casa”…perché ho scoperto che i lupi non sono americani, vengono dal Messico.
Appena passano il confine trovano degli uomini armati, polizia di frontiera probabilmente. Piccolo interrogatorio, poi Billy lo lasciano andare, lui in fondo è solo un ragazzino, “Ma la lupa?”, “Eh, la lupa no, la lupa resta.” Ma lui, invece di tornare a casa, sceglie di stare dove sta la lupa. Si mette di fronte alla stazione di polizia e aspetta. Verso sera arriva gente nel villaggio, c’è una fiera e anche la lupa viene caricata su un carretto e portata dentro un baraccone con un cartello fuori, tipo: “La lupa più feroce d’America”, se paghi, la vedi.
Billy non ha un dollaro, quando il baraccone chiude, chiede ad un inserviente se può andare alla gabbia e dice alla lupa: “Eh, lo so, è andata così, momento difficile, però abbi pazienza perché io ti riporto a casa.”
Passa un altro giorno e la lupa viene portata in un altro edificio, c’è sempre la fiera, Billy la segue, entra in questo edificio e vede che c’è una piccola arena al centro della quale c’è un palo dove hanno legato la sua lupa.
“Batalla de perros”, “battaglia di cani”, il posto è gremito di gente: allenatori, allevatori, chi urla, chi fuma, chi scommette. Billy si fa largo, si siede e aspetta.
Parte la battaglia, i cani vengono scagliati contro la lupa, a uno, due, tre per volta, il ragazzo si gira verso il suo vicino e grida: “Quanti ce ne sono ancora?” E quell’altro gli risponde semplicemente: “Bastante”, “abbastanza”.
Allora Billy esce, cavalca fino alle ultime luci del paese e poi torna indietro. Rientra nell’arena, cammina fino alla barrera, vede la lupa arruffata, insanguinata, entra e i messicani si zittiscono, stacca la lupa dal palo e dice solamente: “È mia.”
Questo racconto mi ha fatto pensare che, a volte, nella vita, capita di avere una storia, una persona, un’idea che sia proprio tua ma, prima o poi, arriva qualcuno che se la prende o la mette in mezzo ad un baraccone con gente che urla o ci mette sopra dei soldi e tu pensi: “Questa gente cosa vuole?!”
Ma l’unica cosa che puoi davvero chiedere è: “Quanti ce ne sono ancora?” “Bastante”.
Allora aspetti, aspetti, aspetti ma, prima o poi devi avere le palle per scendere in mezzo all’arena e dire: “Signori, questa, questa storia, questa persona, questa idea, è mia e ora la riporto a casa.”
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