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Un duello di coltelli

3/19/2021

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All’epoca fu un caso molto dicusso quello fra Maneco Uriarte e Duncan ma oggi non se lo ricorda più nessuno.
E del resto è passato più di un secolo. I fatti risalgono al 1910, l’anno della cometa e del Centenario. Il testimone della vicenda avrà avuto 8 o 9 anni e oggi sarà sotto terra da parecchi inverni.
In ogni caso la storia è una storia stupefacente, una storia di uomini ma soprattutto, e qui sta l’eccezionalità, di cose.
Il bambino viene portato dal cugino più grande ad una grigliata dalle parti di Los Laureles…lasciamo perdere il posto preciso, diciamo comunque uno di quei tipici villaggi del nord ombreggiati e tranquilli.
Gli invitati erano tutti intorno al fuoco e al bambino sembrarono tutti vecchi, anche se, seppe poi, il più vecchio aveva appena 30 anni.
La serata se ne andò come si potrebbe immaginare, mangiando l’agnello cotto sulla brace, parlando di vini, suonando la chitarra e alcune decime di lunfardo.
Dopo il caffè e i sigari, al bambino salì quel sentimento del “troppo tardi” ma non guardava l’orologio e cercava di dissimulare la solitudine di un bambino fra adulti, buttando giù un paio di bicchieri. Dal niente, Uriarte, un meticcio bruno dai baffi petulanti e radi, gridando, propose a Duncan, al contrario un uomo dai capelli biondi, quasi bianchi, un poker a due.
Qualcuno disse che il poker a due non è divertente, meglio a quattro.
“Giusto!”, disse Duncan.
Ma Uriarte, per ragioni inspiegabili, si incaponì per una partita a due.
Al bambino le carte non piacciono, perciò si alza, entra in casa e inizia a girovagare per le stanze finché il padrone di casa, un certo Acevedo o Acébal, qui la memoria tradisce il vecchio che racconta, lo trova e insiste per mostrargli una vetrinetta dove custodisce una collezione di armi bianche rese famose da chi le aveva usate.
I due vengono interrotti dalle urla che arrivano dal falò, in particolare da quella sguaiata di Uriarte che accusa Duncan di aver barato. Tutti sono ubriachi, ridacchiano, provocano, giocano, è ancora tutto uno scherzo ma gli insulti di Uriarte si fanno man mano più pungenti e volgari fino a che Duncan, che fino a quel momento non aveva reagito, si alza e lo colpisce con un pugno.
Uriarte non tollera l’affronto e lo sfida a duello, Duncan traccheggia ma qualche sciagurato fa notare che in quella casa le armi non mancano.
In un lampo la vetrinetta fu aperta, Uriarte scelse un arma vistosa e lunga con l’elsa ricurva, Duncan, a spregio, un coltello con il manico di legno e l’incisione di un alberello sulla lama.
Le loro mani, appena impugnate le armi, si misero a tremare in maniera innaturale.
Non si capiva più se si stava scherzando o se si iniziava a fare sul serio, il vecchio, allora bambino, disse che sentì un vortice che nessuno era in grado di dominare che trascinava e travolgeva tutti.
All’inizio si batterono con goffaggine, quasi avendo paura di ferirsi ma pian piano si fecero più audaci, anche gli altri se ne accorsero, finalmente qualcuno disse: “Si stanno ammazzando, fateli smettere” ma era troppo tardi e la lunga lama di Uriarte colpì a morte Duncan che cadde nell’erba dicendo che tutto gli sembrava un sogno.
Nel corso della sua vita quel bambino pensò di raccontare questa storia molte volte ma non lo fece fino a dopo i 30 anni, quando il commissario in pensione Don José Olave gli raccontò alcune storie di guappi dal coltello facile dei bassifondi del Retiro.
Allora ricordò e raccontò di aver assistito, 20 anni prima, ad un duello di quel tipo e descrisse la scena e, distrattamente, anche la forma e le caratteristiche dei coltelli.
In quel momento il commissario si illuminò e ricordò che due coltelli di quell’esatta foggia fossero appartenuti a due famosi attaccabrighe che vivevano proprio dalle parti di Pergamino, dove il signor Acevedo o Acebal, aveva la sua tenuta.
Questi due si chiamavano Juan Almanza e Juan Almada e, pur non essendosi mai incontrati, si odiavano, perché la gente li confondeva.
Per molto tempo si cercarono per battersi ma non si incontrarono mai.
Il duello a cui il bambino assistette fu l’epilogo di una vicenda molto più antica.
Furono i coltelli a combattere, quando i loro gauchos erano ormai polvere, nel ferro dormiva un rancore umano risvegliato dalle mani di Maneco Uriarte e Duncan.
Le cose, spesso, durano più della gente, disse il vecchio.
Ti va di ascoltare un'altra storia di "duelli"? ECCOLA!

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